Giorgione a Montagnana

di Enrico Maria Dal Pozzolo

L'Affresco della Giuditta di Montagnana Nella tarda estate del 1991 alcuni giornali del Veneto hanno riportato la notizia della supposta "scoperta" di due affreschi di Giorgione nel Duomo di Montagnana, in provincia di Padova. Responsabile ne è stato un cultore di storia locale, Napoleone Parolo. Egli - che già aveva offerto una breve anticipazione in un bollettino parrocchiale del 1978 - in un dattiloscritto del luglio scorso ha elaborato la sua ipotesi attributiva, che è stata registrata (senza enfasi alcuna, a dire il vero) in una pagina del "Gazzettino" dedicata alle vicende di Montagnana e, ben più problematicamente, in un commento di Lionello Puppi sul "Mattino di Padova".

La prima reazione che gli storici dell'arte hanno di fronte a simili "rivelazioni" è di solito un misto di curiosità e fastidio. Un Tiziano a Monza, un Raffaello a Trento, un Leonardo a Corfù… emergono da soffitte, banche, luoghi in conoscibili, ed è sempre la stessa storia. Mitomani, personaggi oscuri, signori per bene segnati da troppa ingenuità, sono i protagonisti di tali vicende, che vengono presentate senza indugi anche dai maggiori quotidiani nazionali per poi esplodere, immancabilmente, in una bolla di sapone.

Il caso che vogliamo qui presentare è un po' diverso. Anzitutto perché non si tratta di dipinti conservati in anonima collezione privata, bensì in un luogo pubblico, immuni quindi dal sospetto di motivazioni mercantili (semmai potrebbero essere campanilistiche). In secondo luogo perché si tratta, in ogni caso, di testi pittorici indubbiamente interessanti, assai poco noti e che vanno oggi studiati anche alla luce di nuovi elementi emersi dal dibattito specialistico.

Il David e la Giuditta che decorano la retrofacciata della cattedrale di Montagnana apparvero nel 1930, quando (si celebrava il quinto centenario della fondazione della chiesa) vennero intrapresi dei lavori di recupero delle decorazioni pittoriche ad affresco da tempo imprigionate sotto l'intonaco. Responsabile materiale ne fu il pittore Attilio Bordin di Este, con l'ovvio consenso degli organi preposti, nella persona del Soprintendente G. Fogolari.

Quest'ultimo, studioso di buona fama, alla vista del David e della Giuditta espresse parole di grande ammirazione, asserendo che essi erano "di tale bellezza da far pensare a Bartolomeo Mantagna o al Marescalco"; altri parlavano di Jacopo da Montagnana, il campione dell'arte locale, quale autore del David. Ma nell'archivio arcipretale nessun documento riferentesi agli affreschi consentiva di fondare un'attribuzione.

L'Affresco del David di Montagnana Quasi inesistente la vicenda critica successiva. Lionello Puppi, in un ampio saggio del 1964-65 su Giovanni Buonconsiglio detto il Marescalco, riferiva i dipinti alla fase estrema del pittore; analogamente faceva l'autore dell'unica guida seria alle opere d'arte conservate nel Duomo, Z. Princivalle, in una tesi di laurea del 1962-63 che venne poi edita nel 1981.
Nessuna menzione negli studi dedicati in seguito all'artista vicentino; né a quel che ci risulta, in altri luoghi bibliografici.

Tale situazione è emblematica. Infatti da un lato gli affreschi - per collocazione cronologica, topografica, culturale, e per qualità - sembrano richiamare meccanicamente il nome del Marescalco, attivo in città a più riprese tra la fine del '400 e l'inizio del '500; dall'altro c'è qualcosa che non torna con i caratteri solitamente esibiti da questo maestro, oggi, dopo tanti studi qualificati, assai ben riconoscibile.
Dunque un'attribuzione necessaria ma non convincente; soprattutto senza alternative. Questo, per lo meno, fino al 1978, quando se ne profilò una impensabile.

In un numero di "Antichità Viva" dedicato al quinto centenario della nascita di Giorgione, il Centro Studi sui Castelli di Montagnana dimostrava inequivocabilmente che la cinta muraria che appare nel disegno giorgionesco del Museum Boymans-van Beuningen di Rotterdam non è quella di Castelfranco (come per secoli si era sostenuto) bensì di Montagnana, con una veduta di Castel S. Zeno.

Tale acquisizione è stata registrata dalla critica seguente, ed accettata senza riserve dalla stessa direzione del Museo olandese che, in occasione di un'importante mostra itinerante del 1990, presentava il foglio con il titolo di View of Castel San Zeno Montagnana, with a seated figure in the foreground. E' essenziale precisare che l'autografia del disegno non è mai stata messa in dubbio e che la ripresa dei dettagli appare così esatta da escludere la possibilità che non sia stata effettuata dal vero.

Giorgione, dunque, a Montagnana. Si tratta di un dato inoppugnabile quanto un documento, eccezionale se si considera la pochezza delle informazioni in nostro possesso sull'artista: "con le conseguenze, le più svariate ma tutte inevitabili che si dovranno trarre", come avvertiva Lionello Puppi nell'introduzione al numero di "Antichità Viva". Di qui l'ipotesi di Parolo per gli affreschi in Duomo, basata per lo più su confronti di carattere iconografico; e di qui la divulgazione ad opera dello stesso Puppi che, ammettendone a l'intrinseca possibilità, si riprometteva di verificarla in un successivo supplemento di indagine. Che ha voluto suggerirci.

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